Flaminio, l’erede di Nervi “sfida” Lotito: “Non lo capisco: almeno presenti il progetto”

Chissà se l’ingegner Pier Luigi Nervi e suo figlio Antonio, architetto, mentre erano in vita, avranno mai pensato che il futuro dello Stadio Flaminio, a 63 anni dall’inaugurazione, datata 19 marzo 1959, avrebbe prodotto un dibattuto così forte. L’ultimo fuoco, dalle pagine di Repubblica, l’ha acceso stamattina Elisabetta Margiotta Nervi, segretaria generale della Pierluigi Nervi Project Foundation.

L’opera ai piedi della collina dei Parioli versa evidentemente in uno stato inaccettabile, degrado urbano e sociale che certo una Capitale come Roma non può più permettersi. Al di là delle promesse, al momento l’unico iter amministrativo presente in Campidoglio per la riqualificazione dell’impianto è quello di Claudio Lotito, protocollato il 1° settembre scorso.

Il futuro del Flaminio; l'erede Nervi pungola Lotito
I fiori “abusivi” circondano l’ingresso del devastato Flaminio (Ansa)

Da quel momento in poi però nulla si è mosso, il presidente della Lazio non ha ancora presentato il progetto di fattibilità per realizzare il nuovo stadio della Lazio, lacuna che in occasione del centenario della nascita di Tommaso Maestrelli, ha avviato un intenso ping-pong dialettico tra l’imprenditore romano e l’assessore capitolino al Turismo, Sport e Grandi Eventi, Alessandro Onorato.

La vice dg del Campidoglio: “Questa la soluzione per la copertura del Flaminio”

L’azionista di comando biancoceleste in sostanza ha affermato che non parteciperà alla Conferenza Servizi Preliminare (atto successivo alla presentazione del progetto di fattibilità come previsto dalla Legge Stadi, ndr) al buio, senza sapere almeno cosa si potrebbe fare su copertura e capienza, da portare almeno a 40000 posti. Su questo Onorato ha spiegato che il Comune non può dare garanzie prima della conferenza, aggiungendo solo due giorni fa che il Campidoglio aspetterà Lotito entro Natale, poi vaglierà altre ipotesi.

Lotito al lavoro per lo stadio Flaminio
Lotito parla in un convegno (LaPresse)

Insomma, la palla resta immobile in mezzo alle erbacce e ai calcinacci di Viale dello Stadio Flaminio, nessun avvicinamento tra le parti con la famiglia Nervi sempre pronta a dire la propria, ad alta voce. «Passano i giorni e l’impianto si degrada sempre di più. Siamo delusi, abbiamo elaborato, con la Getty Foundation e La Sapienza, un piano di conservazione (589 pagine, ndr) che la vecchia amministrazione ci aveva assicurato di utilizzare per restaurare il Flaminio. Ci aspettiamo che anche la giunta Gualtieri lo faccia», afferma Elisabetta Margiotta Nervi, segretaria generale della Pierluigi Nervi Project Foundation.
La frasi sono inequivocabili anche sull’ipotesi Flaminio-Lazio. «Non posso commentare qualcosa che non esiste, non posso sapere se è coerente con i vincoli del Piano di conservazione. La strategia di Lotito non la capisco: non è l’amministrazione comunale che deve proporre, il Comune valida, approva o respinge un progetto che riceve – sottolinea ancora – La giunta non può dare assicurazioni senza vedere un progetto concreto. Non è mai successo. Quando avremo un progetto si potrà dare un parere, ovviamente con l’avallo della Soprintendenza, visto il vincolo di tutela. Lotito facesse almeno lo sforzo di realizzarlo».
Una mano a Lotito, indirettamente, sembra darla l’architetta Cinzia Esposito, vice dg del Campidoglio. “Il progetto laziale dovrà essere molto tecnico e sperimentale, sarebbe unico al mondo – rimarca l’alta dirigente – Roma non può ragionare come Londra o Milano, qui ci sono secoli di storia da conservare. La copertura? Con delle strutture portanti auto-sospese che possono coprire l’impianto, aumentandone la capienza, senza opprimerlo a livello visivo e soprattutto senza intaccare l’opera di Nervi».
Come sempre, alle idee devono seguire volontà politica, carte, autorizzazioni definitive, inattaccabili e investimenti sostenibili. Chi vivrà vedrà, canterebbe Rino Gaetano.

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