Il designatore degli arbitri di Serie A, Gianluca Rocchi, è intervenuto al Social Football Summit che si è tenuto stamattina allo Stadio Olimpico di Roma. Tanti i temi toccati dall’ex fischietto di Firenze, dal ruolo e la formazione dei direttori di gara, passando per la tecnologia e finendo con l’ipotesi di far ascoltare i dialoghi tra primo arbitro e assistenti.
“Il Referee è un riferimento, nel bene o nel male. Spesso l’arbitro è indicato come qualcuno che toglie qualcosa, la realtà è che deve fare applicare le regole ed essere un punto di riferimento per le decisioni da prendere – ha sottolineato Rocchi – L’arbitro ha come primo obiettivo quello di prendersi cura della partita e del risultato. Diciamo sempre ai ragazzi che devono pensare ad uscire dalla partita e sapere che il risultato finale è quello giusto per quanto successo. Poi per l’arbitro è importante che nessuno si faccia male”.
L’erede di Rizzoli si è poi soffermato sull’importanza di avere più mezzi possibili per aiutare la squadra arbitrale . “La tecnologia ha cambiato tutto: io ho arbitrato 14 anni senza tecnologia e 3 con. Ho vissuto tutta la mia carriera con un solo obiettivo: non sbagliare nei 90 minuti più recupero. E non potete capire che sollievo quando abbiamo scoperto la tecnologia. Chi dice che gli arbitri non la vogliono non ha capito niente. Poi c’è la squadra: gli arbitri sono una squadra. Per quanto riguarda il fischio di Serra contro il Milan (mancato vantaggio ai rossoneri, sull’azione successiva gol vittoria dello Spezia, 2-1 al Meazza, ndr), è bello come gli unici a capire il momento sono stati i giocatori stessi. Ai miei tempi se arbitravi bene avevi 300 messaggi, se andavi male 2: capivi da quello come era andata la tua partita” .
“Il VAR? Vi garantisco che quando un arbitro viene chiamato a rivedere un errore sta male dentro”. Il designatore ammette le difficoltà di un direttore di gara ad accettare un suggeritore esterno, però poi precisa: “Abbiamo due tipologie di VAR in Italia, tutte gestite a Lissone. Come funziona? Abbiamo immagini in tempo reale e uno schermo con 3 secondi di ritardo per rivedere gli episodi subito. Vi racconto un derby Roma-Lazio (18 novembre 2017, finì 2-1 per i giallorossi, ndr) con un tocco di mano di Manolas: io non ho visto nulla ma ho intuito che c’era qualcosa – Quando Irrati, che era al VAR, mi ha detto che c’era il tocco di mano io non sono stato per niente contento, sono uscito dalla partita arrabbiato con me stesso perché dovevo fare meglio. Poi però tutti mi hanno fatto i complimenti e nessuno ha fatto polemica dandomi anche voti alti, lì ho capito quanto la tecnologia possa aiutare gli arbitri. Chiudo sottolineando ancora una volta: gli arbitri sono più che a favore della tecnologia”.
Rocchi ha risposto anche a chi poneva il tema della trasparenza. “Dialoghi pubblici tra arbitro e assistenti possono funzionare? Se lo facciamo come il rugby sì, nella F1 sono filtrati. La prima cosa che verrebbe chiesta sarebbe cosa è stato tagliato. È complesso, chi sta in campo e chi sta fuori deve avere una preparazione comunicativa adeguata. Stiamo migliorando tantissimo, anche rispetto all’anno scorso, ma ci vuole ancora tempo. Da parte degli arbitri c’è apertura totale. Non ci sono segreti – ha sottolineato ancora – Il problema di trasmettere live è che non c’è un filtro. Oggi non potrei mandare un audio live, perché il livello non è ancora adeguato, ma stiamo lavorando tantissimo. Quanto tempo ci vorrà? Dipende dai risultati, quando ci rendiamo conto di essere pronti. Poi servirà comunque un’autorizzazione generale della Fifa, non possiamo fare come ci pare. L’importante sarà farsi trovare pronti quando sarà il momento”, ha concluso.
Anche il ct Roberto Mancini stamattina ha preso parte al Social Football Summit, queste le sue dichiarazioni: «Credo che trionfare con la Nazionale sia la cosa più bella che ci possa essere. Quando abbiamo vinto l’Europeo è stato davvero incredibile. Ora dovremo attendere quattro anni ma proveremo a vincere il Mondiale in America. L’Italia è una delle migliori nazionali al mondo. Se si riesce a migliorare qualcosa e dare fiducia ai giovani c’è margine per fare bene. Si può sbagliare, lo dico sempre, e per questo la porta della Nazionale è aperta a tutti – ha continuato Mancini – Anche a chi ha avuto comportamenti non professionali in passato: basta scusarsi con la squadra».