La Lazio è esplosa: per Sarri c’è solo un calciatore che non può mancare mai

Domenica pomeriggio al Gewiss Stadium è andato in scena il Maurizio Sarri show, il primo intimamente targato Lazio. I biancocelesti hanno dominato l’Atalanta, gli orobici che non avevano mai perso in serie A, hanno assistito, impotenti, alle splendide manovre dell’orchestra capitolina. Tanti i segreti di questa prestazione, ma ce n’è uno più “visto” da tutti.

Sesto clean sheet stagionale, Provedel prossimo a record importanti, con un’occhiata fugace si potrebbe pensare che il cardine primo di Sarri sia la difesa. In realtà per non subire gol serve il lavoro di tutta la squadra, anche in fase di non possesso, soprattutto da chi, per talento e dna, sarebbe più portato ad offendere piuttosto che a ripiegare.

Sarri non rinuncia mai a i Felipe Anderson
Maurizio Sarri (Ansa)

Ventitré gol fatti, cinque subiti, un più 18 di differenza reti che fa registrare pochi precedenti per una compagine che lo scorso anno, dopo 11 turni, produceva queste cifre: 18 punti, bottino frutto di cinque vittorie, tre pareggi e altrettanti ko; 22 gol fatti e 19 presi; 1,64 punti per gara a fronte dei 2,18 della stagione in corso.

Corre, dribbla, segna e ripiega: Felipe Anderson gioca sempre

Il ragazzo con la maglia numero 7 (De Gregori dixit, ndr) quest’anno in serie A ha giocato 865′ nelle 11 gare in calendario, fornendo due gol e due assist; sempre titolare, il minutaggio più basso sono i 41 minuti iniziali del pareggio 1-1 a Marassi con la Sampdoria lo scorso 31 agosto. In Europa League ne gioca quattro su quattro, 1 gol e 1 assist in 216′, solo in casa con lo Sturm Graz, lo scorso 13 ottobre, non gioca dall’inizio.

Felipe Anderson: con Sarri sempre in campo
Felipe Anderson esulta dopo un gol all’Inter (Ansa)

Ma il talento di Brasilia, 30 anni il prossimo 15 aprile, per Sarri è sempre stato una sorta di intoccabile. Il 25 settembre 2021, alla vigilia del derby vinto 3-2, l’erede di Inzaghi disse: “Nell’attacco all’area di rigore Pedro ha qualcosa in più rispetto a Felipe Anderson, che non sempre segue l’azione. Io però vi posso dire una cosa: ho allenato tanti giocatori forti, ma uno potenzialmente forte come Felipe l’ho allenato raramente. Deve avere una crescita nella convinzione e nella cattiveria, perché altrimenti è uno spreco di talento. Lui può essere un crack a livello internazionale”.
Il giorno dopo la stracittadina, a Dazn aggiunse: “A tratti mi prende il dubbio che non si renda neanche conto della sua forza. Ha una coordinazione, una leggerezza nella corsa e una tecnica che è difficile accettare partite di medio livello”. Queste invece le parole dell’allenatore il 20 agosto scorso dopo lo 0-0 in trasferta con il Torino: “Anderson è un giocatore che ha bisogno di trovare continuità nella fase offensiva, perché fa grandi match e poi degli altri in cui non ha spunti degni del suo talento; ma nell’applicazione tattica ha trovato grandissima costanza”.
La lezione l’ex West Ham sembra averla capita, anche perché Sarri già nel suo primo anno a Formello, non dava respiro al suo esterno che l’ha ampiamente ripagato.
Sei gol e otto assist in tutte le 38 recite nella massima serie (2901′, 76,34′ di media); un sigillo nelle 8 presenze in Europa League (539′), 153′ nelle due gare di Coppa Italia.
Felipe Anderson gioca sempre: questa la regola numero 1 del decalogo di Maurizio Sarri. Come dargli torto?

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