A qualche anno di differenza hanno vestito la maglia della Lazio, poi si sono ritrovati su sponde opposte in tribunale, l’uno accusatore dell’altro con una grave imputazione: estorsione. Protagonisti della storia Francesco Dell’Anno, 55 anni, l’accusato e Paolo Negro, 50 anni, la presunta vittima. Il processo di primo grado è terminato con l’assoluzione dell’ex centrocampista con la formula “perché il fatto non sussiste”.
Dell’Anno esordisce nella Lazio il 28 ottobre 1984, 35 minuti nella vittoria interna per 2-1 sulla Cremonese. Talento cresciuto nel vivaio capitolino, testa un po’ ballerina, lasciò la capitale dopo 38 gare e 2115′, finendo all’Arezzo. In carriera Taranto, Ravenna e Udinese, ma soprattutto il salto all’Inter dove resterà dal 1993 al 1996, ceduto poi alla Salernitana. Sipario a Terni nel 2002.
Più recente la carriera di Paolo Negro che la Lazio di Cragnotti acquista nel 1993 dal Brescia, resterà a Roma fino al 2005 per passare al Siena dove due anni dopo appenderà gli scarpini al chiodo, salvo poi rientrare nel Cerveteri tra i Dilettanti. Con l’Aquila sul petto vincerà uno scudetto, una Coppa delle Coppe, tre Coppe Italia, una Supercoppa Europea e due Supercoppe Italiane.
Il processo è iniziato nel 2016, per fatti che avrebbero avuto inizio nel 2011, come riporta Il Messaggero. Nello specifico, Negro ha accusato Dell’Anno di essere parte di una tentata estorsione nei suoi confronti ,costringendolo, con altri sodali, a consegnare 30mila euro in contanti. Il gruppo di ricattatori, secondo quanto riferito dall’ex difensore, minacciava di diffondere la falsa notizia che il 27 maggio 2007, per segnare la rete contro la Lazio durante l’ultima partita con la maglia del Siena, aveva intascato 500mila euro.
La partita in oggetto, ultima del campionato, finì 2-1 per i padroni di casa, gol decisivo di Negro al minuto 83. Per convincere Negro, la banda avrebbe millantato amicizie nell’ambito della criminalità organizzata e della ndrangheta. «I mandanti sono persone brutte, brutte, brutte, soprattutto quelli di Roma nord e di Val Melaina», avrebbero affermato.
«Finalmente è finita questa agonia, 11 anni sono veramente troppi, sapere di essere coinvolto in una cosa in cui non c’entri niente ti logora dentro, mi sento sollevato», ha dichiarato Dell’Anno alla lettura del dispositivo. A difenderlo gli avvocati Pietro Pomanti e Franco Coppi. A giudizio con il calciatore era finita come presunta fiancheggiatrice Daniela Sdoga, difesa dall’avvocato Francesco Colosimo, anche lei assolta per non aver commesso il fatto.
Al momento del rinvio a giudizio, Dell’Anno aveva precisato: «Sono sereno, mi trovo nel processo solo a seguito della opposizione di Paolo Negro costituitosi parte civile. Con Negro eravamo molto amici. Mia moglie ha una società di costruzioni che opera in tutto il mondo. Ho giocato per venti anni nelle migliori società di calcio, figuriamoci se andavo a estorcere dei soldi a un amico e socio».
Dell’Anno e Negro all’epoca frequentavano il circolo Olgiata Fitness, luogo dove sarebbero avvenuti una serie di incontri, atti a portare a termine il ricatto. La procura di Roma, dopo due richieste di archiviazione presentate dal pm, aveva chiesto il rinvio a giudizio del giocatore, ritenuto il mediatore dell’estorsione.
Nel 2013 due uomini della banda di ricattatori, Emanuele Fois e Filippo Fazioli, sono stati condannati, in abbreviato, rispettivamente a 3 anni e 4 mesi e 2 anni e 8 mesi di reclusione. Mentre altri tre componenti del clan, Valentino Aliberti, Andrea Caprinozzi e Marco Fardellotti, scrive Via del Tritone, hanno chiesto di procedere con rito ordinario e sono stati condannati a 4 anni e 2 anni e 8 mesi di reclusione.