Questa volta non è un botta e risposta Lazio-Campidoglio ad animare la diatriba sul futuro del Flaminio, ma una pronuncia del Tribunale Civile su un contenzioso tra l’amministrazione capitolina e l’allora Coni Servizi, oggi in Sport e Salute.
Sull’opera di Pier Luigi e Antonio Nervi nell’aula Giulio Cesare attendono sempre il progetto di fattibilità prodotto da Claudio Lotito, prossimo step previsto dalla Legge Stadi del 2014. L’iter amministrativo è stato scelto dal proponente, decisione sulla quale non si può tornare indietro.
Lotito ha reso noto di voler effettuare un incontro informale in Campidoglio, soprattutto dopo aver già contattato le Soprintendenze. Sul punto la risposta dell’assessore al Turismo, Sport e Grandi Eventi, Alessandro Onorato, non si è fatta attendere: “Il Comune di Roma non è un bar: Lotito presenti il progetto”.
A creare malumore in casa Lazio potrebbe essere quanto emerso nelle 33 pagine vergate dal Giudice della seconda sezione Tribunale Civile. Francesco Oddi, chiamato a pronunciarsi su una richiesta di risarcimento da parte del Campidoglio verso Coni Servizi (ora assorbita da Sport e Salute nel Ministero Economia e Finanza, il Mef), ha condannato la partecipata del ministero a pagare 7,3 milioni di euro per “inadempimento inconfutabile”. Il Mef proporrà ricorso in appello.
L’esito di primo grado, oltre a confermare il totale disinteresse verso il Flaminio di tutte le parti in causa – Coni, Figc e Campidoglio – ha portato alla luce un precedente che potrebbe invalidare la volontà di Lotito di entrare in possesso del catino ai piedi dei Parioli. Come scrive Repubblica, nel 2012, il Comune bocciò il progetto presentato dalla Federazione italiana rugby che prevedeva «l’ampliamento della capienza dell’impianto da 24 mila a 42 mila spettatori».
Dissenso che arrivò, scrive sempre il quotidiano, da Roma Capitale «in considerazione dei ritrovamenti archeologici, nonché del valore storico ed architettonico dell’impianto, progettato dagli architetti Antonio e Pier Luigi Nervi e dichiarato “opera di eccellenza” dal Ministero dei beni ambientali e culturali».
Letta così, sembrerebbe una pietra tombale sulle intenzioni del presidente della Lazio. Però c’è un ma grosso come una casa. Nell’articolo si parla di “masterplan”, non si specifica un numero di protocollo o altro, ovvero: la Fir presentò un progetto o il no arrivo dopo alcune prese di contatti informali? Se la Fir dovesse aver ricevuto un diniego dai dipartimenti tecnici comunali quale esito dell’iter scelto (non poteva essere la Legge Stadi, approvata nel 2014, ndr), allora avremmo un precedente che non si potrebbe trascurare: se ho detto no al rugby come faccio a dire sì a Lotito?
Se così non fosse, allora la partita ricomincerebbe dal punto attuale, con Lotito pronto a rilanciare per regalare ai tifosi un sogno atteso da anni.