Storia dell’olandese invisibile. Il primo calciatore proveniente dai Paesi Bassi a vestire la maglia della Lazio. La sua avventura è durata cinque giorni
La trasferta in Olanda dei biancocelesti, che giovedì affronteranno il Twente per la terza giornata della prima fase dell’Europa League, riporta alla luce una storia incredibile. La Lazio acquistò uno dei primi, grandi fuoriclasse del calcio olandese nei primi anni ottanta. Un’operazione che portò il nome dei biancocelesti sulle prime pagine dei quotidiani sportivi e che scatenò l’entusiasmo del pubblico. Una trattativa che sembrava destinata ad essere ricordata come una delle più prestigiose nella storia del club capitolino, e che invece, a distanza di oltre quaranta anni, rappresenta una ferita aperta.
Prima di Van Basten, Rjikaard e Gullit, di Aron Winter e di tutti gli olandesi che hanno lasciato il segno in Italia, fu la Lazio a chiudere una straordinaria operazione di mercato, portando nella capitale l’attaccante titolare della Nazionale Olandese, che nei Mondiali del 1978 trascinò i “tulipani” alla conquista della finale (persa poi ai tempi supplementari con l’Argentina). Uno dei maggiori interpreti del famoso calcio totale, nato in Olanda e diffusosi in tutto il mondo.
Quando la Lazio annunciò il suo acquisto, nel mese di giugno del 1980, pochi credettero alla veridicità di quell’operazione. Sembrava impossibile pensare che il club capitolino, che si era lasciato alle spalle i fasti degli anni d’oro della “Banda Maestrelli” e che si trascinava stagioni negative e ricche di problemi, potesse concludere un acquisto del genere. Il venti giugno del 1980, grazie ad un’operazione lampo dell’allora Direttore Sportivo Luciano Moggi, la Lazio annunciò l’acquisto di René van de Kerkhof.
Nel calcio di oggi verrebbe definito un “falso nueve”. Nel 1980 la sua capacità di adattarsi sia al ruolo di centravanti che a quello di ala destra, lo rendevano un jolly d’attacco quasi imprendibile. Con la maglia del Psv Eindhoven aveva vinto tre scudetti, una Coppa Uefa e due coppe dei Paesi Bassi. Il 25 giugno la Lazio lo presentò in una conferenza stampa organizzata nella sede sociale di Via Col di Lana. Più di duemila tifosi lo attesero fuori dalla sede, intonando cori, abbracciandolo, riempiendolo di affetto e sciarpe. Una testimonianza di affetto spaventosa, che lasciò sorpresi i dirigenti del club e lo stesso calciatore. “Ringrazio i tifosi – disse davanti alle telecamere – e non vedo l’ora di ripagarli sul campo“. Purtroppo la sua fu una promessa che non riuscì a mantenere.
Van de Kerkhof rispose alle domande dei giornalisti, annunciò la sua volontà di lasciare il segno nella capitale e la voglia di confrontarsi con il calcio italiano. La Lazio, che in quegli anni non navigava certo nell’oro, lo acquistò per una cifra record, di circa un miliardo di lire. Nella sede del club abbracciò il presidente Lenzini, si prestò alle classiche foto di rito con il patron e il Direttore Sportivo Moggi, scambiò due battute con il tecnico Castagner (con il quale brindò) e poi diede appuntamento a tutti per il ritiro pre campionato.
Il venti luglio, a distanza di un mese, i biancocelesti partirono per San Terenziano, paesino dell’Umbria scelto come sede del precampionato. A distanza di cinque giorni, il mondo del calcio italiano fu travolto da un vero e proprio Tsunami: la sentenza relativa al primo calcio scommesse della storia. Il club entrò nel processo a causa del coinvolgimento di alcuni calciatori (il portiere Massimo Cacciatori, e i calciatori Giordano, Wilson, Manfredonia e Montesi). La Lazio fu condannata e retrocessa per illecito sportivo. Sentenza arrivata venerdì venticinque luglio. Appena cinque giorno dopo l’inizio ufficiale della nuova stagione.
I tifosi, scossi e demoralizzati, restarono di sasso quando capirono che, oltre alla serie A, persero anche il forte attaccante olandese: il regolamento vietava infatti ai club che militavano nella serie cadetta, di poter tesserare calciatori stranieri. Van de Kerkhof fu costretto quindi a stracciare il contratto appena firmato e a salutare tutti, dopo neanche una settimana di lavoro con i nuovi compagni e il tecnico. La sua avventura laziale è stata breve, ma intensa. Le cronache dell’epoca riportano di un giocatore motivato e fisicamente più strutturato rispetto ai compagni, ed in grado di lasciare il segno, grazie ad una forza fisica straripante. Chi lo ha visto all’opera nel ritiro umbro, conserva intatto il ricordo di un calciatore che avrebbe potuto scrivere pagine di intensa storia biancoceleste. L’