Gabriele Paparelli: “Oggi, come ogni 28 ottobre mi aspetto questo..”

Il ventotto ottobre di quarantacinque anni fa, Vincenzo Paparelli, tifoso biancoceleste presente in Curva Nord, fu ucciso da un razzo lanciato dai tifosi della Roma. Il figlio in esclusiva: “L’amore dei laziali supera tutto”

Quarantacinque anni fa l’Italia fu devastata dall’uccisione di Vincenzo Paparelli. Il 28 ottobre del 1979 rappresenta ancora oggi una delle pagine più tristi e buie nella storia del nostro paese. L’uccisione di un semplice tifoso, presente allo stadio per assistere ad un derby insieme alla moglie, fu un evento che stravolse l’opinione pubblica, in un momento molto delicato per il nostro Paese.

Paparelli
Gabriele Paparelli, figlio di Vincenzo. ucciso quarantacinque anni fa da un razzo partito dalla Curva Sud – LaLazio.com

Erano anni difficili, di lotte di piazza. Anni pesanti, dove il calcio restava una sorta di isola felice. Ma quel giorno anche sul pallone scese una nube densa di amarezza e di grande tristezza. Era la settima giornata dei campionato. Il calendario prevedeva il derby della capitale. La Lazio, che aveva ben impressionato nella prima parte di stagione, era chiamata a confrontarsi con l’avversario più duro: i cugini giallorossi. “Papà non doveva andare allo stadioci confessa il figlio Gabriele in esclusiva – all’inizio era previsto che andassimo tutti dai nonni a Valmontone. Avremmo pranzato in famiglia e avremmo sentito il derby alla radio. Poi mio zio, che aveva preso i biglietti, decise di non andare e cedette i biglietti a mio padre. Inizialmente anche lui era scettico: era una brutta giornata. Poi uscì il sole e dopo averne parlato con mamma, decisero di andare. Io piantai un capriccio, piangevo. Volevo andare con loro all’Olimpico. Ma fu irremovibile. Aveva paura a portare un bambino al derby. Temeva che potessero esserci degli scontri”.

Gabriele Paparelli, ogni volta che arriva questa data, nel suo cuore e nel cuore dei suoi familiari, che tipo di sentimento c’è?
“Per me il ventotto ottobre è sempre un giorno particolare. Duro, difficile. Mi riporta alla mente sempre tanti momenti che non potrò mai cancellare. C’è una cosa però che mi regala forza: l’amore della gente laziale. Dei tifosi, di chi ogni volta dedica un pensiero ed un ricordo a mio padre. Questa è l’energia che ogni volta mi regala forza per andare avanti”.

Un amore, più forte di tutto il resto…
“Un carico di emozioni. Io rimango incredulo a volte di quanto amore riescono a regalare a me e alla mia famiglia i laziali. Sono contento che il ricordo di mio padre resti vivo nella mente e nel cuore di molti, ma ogni ventotto di ottobre ricevo tante chiamate, tanta partecipazione. Una cosa fuori dal comune, che mi ripaga di tante altre amarezze”.

Lei ha sempre detto in passato che la memoria di suo padre verrà finalmente onorata, quando non vedremo più certe scritte e non sentiremo più certi cori. Oggi la situazione è migliorata rispetto a prima?
“Purtroppo no. Anzi, io mi aspetto che in queste ore qualcuno esca fuori, come sempre: con i cori, con gli slogan, con le cattiverie che in questa città sono sempre state tollerate da troppe persone. Tanti lo fanno con ignoranza, non rendendosi conto che con quel coro attaccano la memoria di un uomo, anzi di un ragazzo, visto che aveva trentatré anni quando è stato ucciso, che oggi non c’è più: e un’intera famiglia che da anni fa i conti con questa situazione assurda. E c’è un aspetto che oggi è ancora più preminente…”

Striscioni e insulti nella cruva della Roma, l’omaggio della Nord. Per troppi anni il nome di Paparelli è stato oggetto di slogan assurdi – Lalazio.com

Quale?
“Prima tutto era limitato ai cori fatti allo stadio, in alcune manifestazioni e alle scritte sui muri. Oggi si è passati ai social. Le scritte sui social sono più frequenti: basta trovare un qualsiasi ragazzino, incapace anche di metterci la faccia e che spesso si nasconde dietro nickname o foto che mascherano la sua reale identità, che apre un profilo, e arriva l’insulto. Lo slogan: fatto solo per colpire noi”.

Come ha combattuto in quegli anni la stupidità di chi lanciava certi slogan?
“Per tanti anni giravo con in macchina una bomboletta spray. Quando vedevo una scritta che qualche imbecille aveva scritto, scendevo dall’auto e la cancellavo. Avevo sempre paura che mamma le leggesse. Non volevo che avesse un altro colpo. Per anni mi sono chiesto cosa ci fosse dietro quelle scritte. Poi ho capito che era semplicemente un modo per attaccare la Lazio”.

Lei aveva otto anno quando accadde tutto…
“Ricordo tutto di quel giorno. Soprattutto il fatto che improvvisamente tutti furono accondiscendenti con me. Mi portarono fuori di casa, al Luna Park, poi io fui portato da nonna, mentre mio fratello da mia zia. Era tutto troppo strano. La sera, tornando a casa, trovai tutti quei fotografi e giornalisti fuori. Ho capito subito che era successo qualcosa”.

Ieri allo stadio, in occasione di Lazio-Genoa, il club ha ricordato suo padre con una bella immagine suo tabelloni…
“L’ho vista e mi ha fatto tanto piacere. In questi anni la Lazio c’è sempre stata. Con tutti i presidenti. Devo dire che non mi hanno mai lasciato solo. E’ sempre un bel pensiero, che fa piacere”.

 

 

 

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