Ha vestito la maglia del Cagliari e quella della Lazio, lasciando un gran ricordo tra i tifosi. Sai riconoscere da questi indizi il doppio ex misterioso?
La sfida tra Lazio e Cagliari, in programma domani allo stadio Olimpico di Roma e valevole per l’undicesima giornata di campionato, metterà di fronte i biancocelesti di Marco Baroni e i rossoblù di Davide Nicola. Tanti i calciatori che nella storia dei due club hanno vestito entrambe le maglie: sai riconoscere da questi indizi il doppio ex di oggi?
Si tratta di un calciatore che ha giocato per diverse stagioni in serie A, collezionando ben 393 presenze. Ha vestito diverse maglie, riuscendo a lasciare il segno e segnando valanghe di gol, riuscendo a sfruttare le sue caratteristiche offensive. La sua abilità era l’opportunismo e la grande capacità di saper leggere i movimenti delle difese avversarie, anticipandole e giocando d’astuzia.
La storia del doppio ex
Giocava in attacco, alternandosi tra il ruolo di punta centrale e quello di seconda punta: ha vestito la maglia del Cagliari dall’estate del 1995 fino a quella del 1999, diventando una delle bandiere del club sardo: ha formato con Oliveira e Dely Valdes un reparto offensivo molto ben assortito. Poi, dopo il passaggio all’Udinese, nell’estate del 2003, ecco l’arrivo alla Lazio. Nella capitale gioca due stagioni, poi all’inizio del terzo anno, lascia i biancocelesti e si trasferisce al Torino.
Con i biancocelesti è allenato da Roberto Mancini nella prima stagione e nel secondo anno prima da Mimmo Caso e poi da Giuseppe Papadopulo. Viene ricordato soprattutto per una splendida rovesciata messa a segno contro il Besiktas in una sfida di Champions League. Un gol meraviglioso, forse tra i più belli realizzati dalla Lazio nella competizione internazionale. Con la maglia della Lazio vince una Coppa Italia, nella stagione 2003-04.
Roberto Muzzi, con la Lazio nel cuore
Molti avranno indovinato: per chi ancora non ha capito chi sia il doppio ex di oggi, sveliamo l’arcano. Il doppio ex misterioso di oggi è Roberto Muzzi. Attaccante tra i più prolifici a cavallo tra la fine degli anni novanta e i primi duemila. Da sempre tifoso della Lazio, Mussi, ha esordito con la Roma, dopo aver fatto tutto il settore giovanile. La sua è una storia intensa, fatta di gol, sentimenti e di promesse non sempre mantenute…
La Lazio nel cuore, il Cagliari nel destino. La storia di Roberto Muzzi è facilmente sintetizzabile attraverso il racconto delle due storie più importanti della sua carriera: l’amore giovanile che dopo un lungo percorso trova la sua sublimazione in due stagioni intense e l’avventura più prolifica e importante della sua carriera, che gli ha permesso di esplodere e affermarsi nel grande calcio. Cagliari e Lazio. Due avventure diverse, ma altrettanto emozionanti nella vita calcistica di un bomber capace di infiammare il Sant’Elia e di vivere momenti emozionanti allo stadio Olimpico. Roberto Muzzi ha passato gran parte della sua carriera aspettando di poter coronare il sogno che ha iniziato a cullare da bambino: giocare con la maglia della Lazio. Difendere i colori biancocelesti all’Olimpico e in tutti gli stadi italiani. Lo faceva da piccolino, sui campi fangosi del Morena o della Pro Calcio Italia e lo ha fatto in silenzio, ma forse in maniera ancor più forte quando mise per la prima volta piede a Trigoria. Per un laziale doc non è facile calarsi nel mondo giallorosso, soprattutto quando il primo giorno si è costretti a sottostare a determinate regole.
Bruno Conti e la catenina con l’aquila
Bruno Conti, responsabile del settore giovanile romanista è stato chiaro sin dall’inizio: quella catenina con l’aquilotto che il giovane Roberto indossava con fierezza sotto la maglietta doveva sparire. Muzzi lavora sodo, scala le gerarchie ed esordisce in serie A. Tre campionati e mezzo, una stagione in serie B al Pisa a farsi le ossa, prima di lasciare la capitale. A novembre del 1994 inizia a scrivere la pagina più bella della sua carriera. Lo prende il Cagliari e in Sardegna vive la sua esperienza più esaltante. Il giovane Muzzi diventa grande. Arriva a Cagliari con la nomea di attaccante di movimento, più propenso ad aiutare la punta centrale, che al gol. Il suo rapporto con la rete non è eccelso: in giallorosso ha timbrato sei volte il cartellino in quattro anni, mentre in Toscana di gol ne ha segnati 8. In Sardegna trova due punte di spessore: Luis Oliveira e Dely Valdes, ed un tecnico, Oscar Washington Tabarez, in grado di far coesistere tre attaccanti veloci, potenti ed estremamente tecnici. Sotto la guida del maestro uruguaiano, Muzzi esplode. Parte largo a destra, con licenza di accentrarsi e devastare le difese avversarie con potenza e velocità. Inizia a segnare con mostruosa regolarità, andando a rete per sette gare consecutive.
Muzzi segnava in tutti i modi: di testa, con il destro, con il piede mancino, da fuori area e soprattutto in rovesciata: il suo marchio di fabbrica. La sua specialità. Indimenticabile quella messa a segno contro il Piacenza. Cinque anni ricchi di soddisfazione: 157 presenze e 64 gol. L’estate del 1999 il passaggio all’Udinese: quattro stagioni positive, con una costante: la voglia di tornare nella capitale e giocare finalmente con la Lazio. I biancocelesti lo corteggiano in almeno tre sessioni di mercato: a novembre del 2001 sembra ad un passo dall’approdo a Formello, ma quando tutto sembra fatto arriva la doccia fredda. L’estate del 2003 la società biancoceleste torna a farsi viva e Muzzi intima al suo manager di non ascoltare altre offerte.
L’arrivo alla Lazio e il gol al Besiktas
Il matrimonio, finalmente si concretizza: Roberto sbarca nella capitale e inizia un’avventura che aspettava da tempo. A volerlo è Roberto Mancini, che lo inserisce in una batteria di attaccanti di tutto rispetto insieme a Corradi, Claudio Lopez e Simone Inzaghi. La prima stagione laziale è a due facce: tanto esaltante sul campo, quanto devastante da un punto di vista societario. Se da un lato infatti la “Banda Mancini” vince la Coppa Italia e cerca di farsi onore in Champions League, dall’altro i calciatori e i tifosi vivono il dramma societario. La Lazio è ad un passo dal fallimento e proprio i giocatori, spalmando i propri stipendi arretrati, daranno una mano al club ad uscire dalla crisi. In estate poi il cambio di società, con il nuovo patron Lotito pronto ad accollarsi una situazione debitoria impressionante. Muzzi resta alla Lazio e in una stagione complicata, con una squadra decisamente ridimensionata rispetto al passato, regala tutta la sua esperienza nella parte decisiva del campionato.
A Palermo, nell’ultima, decisiva, sfida salvezza, segna il gol del definitivo 3-3. La rete che regala alla Lazio la matematica certezza di rimanere in serie A. Chiude la sua esperienza laziale con sessantadue presenze e undici reti. Probabilmente i tifosi biancocelesti non hanno mai visto il miglior Muzzi, schiacciato il primo anno da impietosi compiti tattici e costretto, nella seconda stagione, ad aiutare la squadra nel momento di maggior difficoltà. Ma rimarranno indelebili alcuni ricordi: la doppia finale di Coppa Italia contro la Juventus nella quale Roberto Mancini lo schiera sempre dal primo minuto e il meraviglioso gol messo a segno in Champions League contro il Besiktas: una rovesciata spettacolare che permette ai biancocelesti di raggiungere il pareggio. Il modo migliore per festeggiare il suo primo gol con la Lazio. Un momento atteso da una vita.