La partita contro i felsinei ha sempre avuto una certa rilevanza, un certo significato che andava molto al di là dell’assegnazione della vittoria dell’una o dell’altra squadra
Dopo la sosta per le partite delle Nazionali impegnate nella Nations League, domenica 24 novembre riprenderà il campionato di serie A con la giornata 13 che vedrà la Lazio ricevere il Bologna allo stadio Olimpico alle 20:45. Una partita diventata di grande importanza vista la bellissima classifica che oggi trova la compagine allenata da Marco Baroni in una splendida seconda posizione.
Lazio contro Bologna non è una classica della serie A, neanche un derby o una partita sentita in maniera diversa dalle due tifoserie. Le due società sono tra le più longeve tra tutti i club del calcio italiano ed entrambe hanno avuto un passato glorioso, ma anche molte vicissitudini che per certi versi le hanno accumunate. Molti giocatori diventati iconici con la maglia biancoceleste avevano militato in precedenza con i colori rossoblù, altri dopo uno straordinario percorso a Roma hanno poi trascorso anni bellissimi sotto le due Torri. Ma la partita contro i felsinei, negli ultimi anni, ha significato quasi sempre un momento speciale, come una partita del cuore, per come ha poi caratterizzato in maniera indelebile la storia di quella stagione.
Alla ripresa del campionato dopo la sosta per la nazionale, la Lazio tornerà in campo contro il Bologna per cercare di proseguire lo straordinario cammino che l’ha portata, dopo 12 giornate, al secondo posto in classifica. Una partita da vincere, quindi, che avrà anche una splendida cornice di pubblico, ma forse in pochi hanno pensato a quante volte una partita contro i rossoblù ha segnato un momento storico nella storia della squadra biancoceleste.
Chi è più avanti con l’età ricorderà sicuramente con emozione quell’ultima giornata del campionato 1973-74, quando oltre diecimila laziali salirono con tutti i mezzi possibili fino a Bologna per festeggiare la banda Maestrelli fresca Campione d’Italia dalla domenica precedente nella indimenticabile partita contro il Foggia, vinta con il rigore di Chinaglia. Un modo straordinario per i tanti tifosi laziali di godersi la prima uscita con lo scudetto sul petto, in attesa di vederlo davvero la stagione successiva sulle maglie bianche e celesti.
Da uno scudetto all’altro. Quando si pensa al Bologna è impossibile non tornare con la mente a una data rimasta scolpita nei cuori di tutto il popolo biancoceleste. Era il 9 gennaio del 2000 e la Lazio era in procinto di festeggiare il suo Centenario. Una festa programmata nei minimi dettagli, una straordinaria parata di stelle, di ex giocatori, di ricordi, di momenti che dovevano per forza coincidere con una bella vittoria della squadra di Eriksson, proprio contro il Bologna dell’allenatore Guidolin e dell’ex idolo della curva Nord Beppe Signori. Una vittoria bellissima firmata Salas, Nedved e Ravanelli, che proiettò in quel momento, grazie ai risultati arrivati dagli altri campi, la Lazio al primo posto in classifica, per un Centenario ancora più indimenticabile.
Ma in quel campionato il Bologna sarà ancora protagonista indiretto di giornate diventate memorabili nella storia della nostra società. Alla penultima giornata di quell’incredibile annata, il testa a testa tra la Lazio e la Juventus è incertissimo. Il popolo della Lazio sogna oramai da mesi di acciuffare un traguardo di portata storica che meriterebbe ampiamente. E ancora una volta 10mila laziali riempiono lo stadio Dall’Ara anche oltre i settori loro riservati. La Lazio sbanca Bologna per 3-2 nonostante una doppietta dell’ex Signori, mentre a Torino un fallo di confusione visto soltanto dall’arbitro De Santis annulla un gol del difensore emiliano Cannavaro che avrebbe regalato il primo posto alla Lazio a soli 90 minuti dal termine. Il caos per una decisione assurda che ne seguì fu da preludio alla settimana più lunga nella storia del calcio italiano.
Il Dio del calcio rese giustizia a quella straordinaria Lazio guidata da Sven Goran Eriksson in panchina. Il diluvio di Perugia, dove giocava la Juventus di Ancelotti, regalò il più incredibile dei finali per un campionato di calcio e al fischio finale i tifosi della Lazio poterono esplodere in una gioia indescrivibile per troppi anni repressa. La domenica successiva chi si poteva invitare per giocare l’amichevole prevista per i festeggiamenti per il secondo scudetto davanti a 80mila spettatori? Ovviamente il Bologna che si è prestato alla passerella per gli osanna finali ai protagonisti di quella cavalcata, colorati a festa e impazziti di gioia per aver finalmente raggiunto uno straordinario traguardo.
La stagione 2019-20 resterà sfregiata per sempre dallo stop forzato causa Covid-19 e una pandemia che fermò ovviamente non soltanto il calcio e lo sport in generale, ma tutte le nostre vite in un lockdown assurdo. Prima che il mondo si fermasse sotto i nostri piedi, la Lazio di Simone Inzaghi stava giocando un campionato straordinario. Il Bologna-Lazio del 6 ottobre 2019 resterà indimenticabile per entrambe le tifoserie per la vicenda di Sinisa Mihajlovic. Uno degli artefici principali di tutta l’epopea targata Sergio Cragnotti, tra scudetto e coppe vinte in serie, aveva cominciato la sua carriera da allenatore per arrivare proprio su quella rossoblù. Ma nel luglio del 2019, in una drammatica conferenza stampa, il giocatore serbo annuncia di aver contratto la leucemia e che, da quel momento, avrebbe cominciato la sua battaglia contro questa terribile malattia.
Dopo settimane di chemioterapie devastanti, il guerriero Sinisa torna a sedersi sulla panchina del Bologna in tempo per le prime giornate di campionato. Dimagrito, senza capelli, smunto nel corpo, ma indomabile nello spirito, come quando in campo affrontava a muso duro ogni avversario con la maglia della Lazio addosso. Quella domenica di ottobre l’intero stadio Dall’Ara, i tifosi rossoblù e i tantissimi tifosi biancocelesti, omaggiano il guerriero di mille battaglie con un abbraccio virtuale commovente, che scalda non poco il claudicante cuore di Mihajlovic. La partita finirà 2-2, ma quel giorno resterà indelebile per tutti.
La partita di ritorno di quella strana stagione arriva il 29 febbraio del 2020 quando il Coronavirus ha cominciato da giorni a lasciare la sua scia di morte in Italia e nel mondo. La Lazio di Inzaghi è un invincibile armata, gioco scintillante, partite vinte in maniera romanzesca. Immobile, Luis Alberto, Milinkovic, Correa, Caicedo, Leiva sembrano essere “unti da Signore” e volano su tutti i campi vittoria dopo vittoria per una rimonta ai danni della solita Juventus e dell’Inter che sembra oramai segnata. Quel Lazio-Bologna sarà a tutti gli effetti l’ultima partita per la squadra biancoceleste prima dello stop forzato imposto dalle restrizioni nazionali prese per il dilagare della pandemia.
Ma quel pomeriggio per tutti i tifosi sugli spalti dell’Olimpico c’è ancora tempo per sognare a occhi aperti. La Lazio infatti non smette di volare e con un 2-0 netto, già dopo venti minuti di gioco, liquida il Bologna di Mihajlovic e torna finalmente in testa al campionato. Un momento straordinario, una squadra pazzesca che vola sulle ali di un entusiasmo che non pone più limiti. La gente sogna lo scudetto, la squadra crede nell’impresa, sarebbe stata una grande e appassionante volta fino all’ultima giornata, ma il lockdown ferma tutto, anche il sogno di un intero popolo. A luglio quando si ricomincerà a giocare la magia è svanita e la Lazio riesce soltanto ad acciuffare un comunque meritato piazzamento in Champions League. Nessuno saprà mai come sarebbe andata a finire quella stagione senza lo stop.
Lazio Bologna è anche una partita nel segno dei tanti giocatori che hanno indossato le due maglie regalando momenti indimenticabili e pagine storiche alle due società. Da Giuliano Fiorini che la Lazio acquistò proprio dal Bologna e autore del gol più leggendario della storia biancoceleste in quel Lazio-Vicenza del 1987 da o vita o morte. A Fabio Poli che fece invece pochi anni dopo il percorso inverso, lui che aveva invece segnato di testa il gol salvezza negli spareggi di Napoli. Da Lorenzo Marronaro giovane proveniente dalla Primavera della Lazio e che ebbe più fortuna a Bologna che a Roma, come Marco Di Vaio negli anni 90 che, dopo aver esordito a 18 anni nella Lazio di Zeman, fece una bellissima carriera soprattutto con i rossoblù di cui oggi è ancora un dirigente.
Come non citare Roberto Mancini che, anche lui 18enne al Bologna, esordì in serie A e molti anni dopo fu uno dei protagonisti dello scudetto del 2000 della Lazio oltre poi ad aver guidato i biancocelesti dalla panchina per alcuni anni. Fino al re Beppe Signori che, dopo aver scritto pagine leggendarie con la maglia biancoceleste, idolo assoluto di intere generazioni di tifosi laziali, si ritagliò una seconda parte di carriera bellissima proprio con la maglia rossoblù. Ecco perchè Lazio-Bologna non sarà mai una partita come le altre, resterà per sempre la partita del cuore per noi laziali.