L’attaccante danese è croce e delizia del pubblico biancoceleste: per alcuni è il punto debole della squadra. Per altri “è fortissimo: gli manca una giornata da leone”
In una Lazio che vince e convince, c’è un giocatore che ancora non ha saputo mettersi in evidenza in modo definitivo: Gustav Isaksen. Il talento danese, arrivato nella capitale l’estate del 2023, è croce e delizia del pubblico biancoceleste: spesso accompagnato da critiche negative, Isaksen (che ha trovato il gol con la maglia della sua nazionale contro la Spagna) sta provando a convincere gli scettici.
I numeri della sua seconda stagione romana sono tutt’altro che negativi: Isaksen è stato schierato in campo da Baroni quindici volte, ma solo in otto gare è partito dal primo minuto. Ha segnato due reti (una in campionato contro l’Udinese e una in Europa League contro il Twente), collezionato due assist (contro il Torino in campionato e il Porto in Europa League) e provocato un’espulsione (a Udine). Eppure, il suo nome è spesso al centro del dibattito e delle critiche.
Tra chi si aspetta una crescita massiccia, chi resta convinto che più di quello che sta facendo non possa fare, e chi lo reputa una sorta di anello debole di una squadra che nel primo terzo di stagione ha raggiunto risultati più che positivi, Isaksen prova a ritagliarsi il suo spazio e a dimostrare il suo valore. Lo scorso anno ha collezionato 36 presenze (tra Campionato, Coppa Italia e Champions League), con tre gol e quattro assist. Numeri che ha quasi raggiunto quest’anno, in soli tre mesi di stagione.
Eppure, nonostante tutto, Isaksen continua ad essere criticato: “Per me si tratta di un giocatore tecnicamente limitato”, dichiara il giornalista Andrea Balzanetti su Radio Olympia. “Non salta mai l’uomo, spesso si trova a giocare palloni importanti in area avversaria, ma quasi mai riesce a finalizzarli in assist e gol. Fa confusione in mezzo al campo e credo che Tchaouna sia molto meglio. E’ migliorato tanto in fase difensiva, ma credo che gli manchi il quid per fare il salto di qualità. Arriva a fare il novanta per cento della giocata, ma poi si perde. Io credo che se la Lazio dovesse pensare ad un salto di qualità, servirà qualcosa di diverso in quella zona”.
Di tutt’altro avviso Marco Netri, cronista di Edipress: “Questa critica che accompagna Isaksen è diventata stucchevole, sono pulci che si fanno ad un calciatore che è titolare della Lazio e della nazionale danese. Se pensiamo di capirne di più di Baroni e dei tecnici che ogni volta gli concedono fiducia ok, altrimenti credo che bisognerebbe finirla. E’ un giocatore arrivato con determinate caratteristiche: alcune le ha fatte vedere, altre ancora no, ma semplicemente perchè in Italia si gioca in maniera differente”.
Ma il suo percorso stagionale, si può definire soddisfacente? “Per me Isaksen, per quello che ha fatto vedere, è assolutamente tra i primi cinque giocatori per rendimento, della rosa della Lazio. Il problema è che ormai i giudizi su di lui sono diventati dei tormentoni. Parliamo di un calciatore che ogni volta fa ammonire due o tre avversari, che corre come Guendouzi e Rovella in ogni partita. Io non credo che Isaksen sia un problema e non credo che l’allenatore sia un pazzo a puntare su di lui. La critica è eccessiva e poco edificante onestamente”.
Ma cosa manca quindi ad Isaksen per convincere tutti? “Un giorno da leone. Una partita in cui fa il mostro e che lo fa esplodere in modo definitivo”, ribatte Mauro Simoncelli. “Un pò come accadde a Felipe Anderson nel primo anno di Pioli, dopo un primo anno negativo”. Il calciatore ha comunque delle doti importanti: “Isaksen è arrivato dal Midjulland in Danimarca: ha dovuto imparare a giocare in serie A e ad un certo livello. Lui ha imparato bene una cosa: la fase difensiva, che già lo scorso anno faceva bene. Ed è il motivo per il quale viene spesso utilizzato da molti allenatori”.
Isaksen non riesce ancora ad esplodere e forse paga qualcosa, “in fase offensiva, come fece in quel match contro di noi in Eurpa League, quando sembrava imprendibile. In quella partita capimmo di cosa era capace: mostrò guizzi, tecnica, doti che oggi non sempre riesce a mettere in evidenza. E questo è il suo grande limite. A me sembra come il Felipe Anderson del primo anno. Gli manca quella partita in cui è decisivo: una gara dove magari segna una doppietta, dove fa un gol e un assist e la Lazio vince: una partita che gli consenta di scrollarsi di dosso la paura di sbagliare e di guadagnare sfrontatezza. Questo è quello che gli manca. Dalla metà campo alla difesa è un ottimo giocatore: davanti deve guadagnare consapevolezza nei suoi mezzi”.
Isaksen si differenzia dagli altri calciatori in rosa: “Gli altri sono giocatori diversi, molto fisici. Lui è quello tecnico. Ha bisogno di fare quel salto che gli consenta di non essere un ibrido e di esplodere definitivamente”. Ma c’è anche chi la pensa diversamente: “Forse abbiamo delle aspettative troppo alte e guardiamo troppo a quello che non fa: in una Lazio in cui ci sono giocatori che stanno dando 8 o 9, come Nuno Tavares, Pedro, Rovella e Guendouzi, Isaksen per me sta dando 6, forse 6 e mezzo. Io non so se può fare tanto di più, magari può arrivare al sette. Alle sue spalle c’è Tchoauna che per me potenzialmente è da 8, ma al momento ci da 5 o forse 5,5. Ecco perchè Baroni si tiene stretto Isaksen. Quando Tchoauna esploderà, probabilmente diventerà titolare, ma oggi il tecnico e anche io, puntano su Isaksen, che non darà picchi, ma neanche fa prestazioni negative: se pensiamo che da esterno ha collezionato due gol e due assist, non mi sembra tanto negativo come rendimento”. Daniele Magliocchetti ha un’altra chiave di lettura: “Io non sono d’accordo e la mia critica è proprio dettata dal fatto che credo possa fare di più: altrimenti di giocatori così in serie B ne trovi quanti ne vuoi. Gli manca un gol, una prestazione di livello. Il lavoro che ha fatto Sarri dal punto di vista difensivo è stato ottimo e lui se lo sta ritrovando. Gli manca pochissimo per fare un ultimo scalino e diventare un giocatore fortissimo, ma al momento ancora non lo ha fatto”,