Cristiano Bergodi, difensore che ha vestito la maglia della Lazio dal 1989 al 1996, ricorda la stagione giocata al Flaminio: “Uno stadio che ti entra nella pelle”
“C’ero in quello stadio ed ho dei ricordi eccezionali. Il Flaminio sarebbe la casa perfetta per la Lazio e spero con tutto il cuore che il presidente Lotito riesca a regalarlo al club biancoceleste”. Cristiano Bergodi ex difensore della Lazio, che ha vestito la maglia biancoceleste dal 1989 al 1996, sa perfettamente cosa vuol dire giocare all’interno dell’impianto di Viale Tiziano. La stagione 1989-90, per i lavori di ristrutturazione dell’Olimpico, in vista dei Mondiali di Italia 90′ la Lazio e la Roma giocarono le loro gare interne al Flaminio. “Era meraviglioso giocare con quel calore, quell’atmosfera – ricorda in esclusiva ai nostri microfoni – sentivi tutto: i cori, le urla della gente, una serie di sensazioni uniche, che difficilmente ho ritrovato altrove”.
Bergodi ha onorato la maglia della Lazio, con una serie di stagioni vissute in prima linea: nato a Bracciano, a due passi dalla capitale e laziale doc, ha giocato con i biancocelesti sette campionati, collezionando 186 presenze e segnando quattro reti. Nella stagione 89-90, saltò solo una gara: la trasferta sul campo dell’Inter. Al Flaminio ha disputato tutte le gare di quella stagione: “Emozioni difficili da dimenticare”. Oggi il presidente della Lazio ha incontrato il sindaco Gualtieri, primo passo per cercare di prendere in mano la gestione dello stadio e trasformarlo nella casa della Lazio.
Bergodi, qual è il suo primo ricordo legato allo stadio Flaminio?
“Al Flaminio voglio particolarmente bene: un pò perchè è uno stadio al quale i laziali sono affezionati, ma soprattutto perché mi ricorda il mio primo anno alla Lazio: una delle stagioni più belle ed esaltanti che ho vissuto. Quello stadio mi riporta alla mente tanti bei ricordi: innanzitutto per la sua struttura ti faceva sentire il pubblico addosso, ed era uno stimolo in più. Io poi giocavo sulla fascia, come terzino, quindi avevo davvero tutti i tifosi attaccati. Era uno spettacolo”.
Cosa voleva dire, per un calciatore, giocare all’interno dello stadio Flaminio?
“Quell’impianto è l’esempio più significativo di uno stadio adatto al calcio. Senza pista, con i tifosi vicino: regalava a noi giocatori una carica fantastica. Uno stadio piccolo, ma che ti dava una spinta e una motivazione in più. Io ricordo i due derby: spettacolari. Il primo lo pareggiammo 1-1 con gol di Bertoni e il secondo lo perdemmo con rete di Voeller. Ma giocavi in un ambiente unico”.
Possiamo dire che il Flaminio tendeva a rendere più “caldi” alcuni match?
“Si, assolutamente. Io ricordo quel Lazio-Atalanta con la contestazione all’arbitro Di Cola di Avezzano. Successe di tutto e noi dal campo vedevamo tutto. Ricordo anche il derby di ritorno. Io venni espulso perchè presi Giannini che stava perdendo tempo a bordo campo e lo alzai di peso per portarlo fuori dal campo. Ma era ad un metro dalla linea di fondo. Questo accadde sotto i tifosi, davanti alla vetrata e vi lascio immaginare le reazioni” (ride ndr.).
Il match più bello giocato in quello stadio?
“Se devo scegliere un ricordo particolare, penso alla gara contro il Napoli di Maradona che vincemmo in modo netto. Tre a zero contro i futuri campioni d’Italia poco prima di Capodanno. E io partecipai al primo gol, quello di Amarildo: tirai dal limite dell’area e il portiere Di Fusco respinse proprio sui piedi di Amarildo. Una grande gioia vedere tutto il pubblico esultare dietro la porta
Cosa rappresenterebbe per la Lazio, tornare a giocare allo stadio Flaminio?
“Sarebbe fantastico: una sensazione unica sia per i giocatori in campo, sia per chi si presenta sugli spalti. C’è poi un particolare di non poco conto: se la Lazio lo dovesse prendere, lo ristrutturerebbe: quindi all’importanza storica e sentimentale, si legherebbe anche la praticità di vivere la Lazio dentro un gioiellino bello e moderno. E poi c’è un qualcosa difficile da spiegare…”
Cioè?
“Quando giochi dentro ad uno stadio come il Flaminio, senti il calore della gente addosso. Sulla tua pelle. E’ una sensazione unica. Che ti accompagnerà per sempre. E’ uno stadio che ti regala punti in più a fine anno. Ma soprattutto tante, tante, tante emozioni. Che è bello vivere…”