La partita di ieri contro l’Inter ha rappresentato una delle pagine più tristi per i colori biancocelesti, ma anche uno dei punti più alti per l’orgoglio dimostrato da un’intera tifoseria
Era la prova del nove, l’ennesima di questo incredibile inizio di stagione. La squadra di Marco Baroni era reduce dalle tre vittorie in sette giorni tra il Napoli in Coppa Italia, ancora gli Azzurri allo stadio Maradona per il campionato e l’Ajax in trasferta per l’Europa League. Tre trionfi che avevano riempito il cuore di gioia e sorprendente emozione di tutti i tifosi della Lazio. Ecco perchè la partita contro i Campioni d’Italia in carica dell’Inter era attesa questa volta più delle altre partite di questo comunque fino ad ora incredibile campionato.
Punizione durissima. La più pesante in casa della storia della Lazio. Troppe forse le attese, ma tante comunque le attenuanti per una prima volta che non avremmo mai voluto vivere. Il calcio tutta gioia e sfrontatezza della Lazio targata Baroni si è scontrato contro l’Iceberg della corazzata Inter di Simone Inzaghi, ex forse anche ingrato nella serata di ieri. Un primo tempo volato via come sempre con la consapevolezza che stavamo facendo la solita partita coraggiosa, ma sapiente, fino all’infortunio di Gila, o meglio allo strano malessere che ha costretto lo spagnolo ad arrendersi. Dentro il gigante Gigot che questa volta non ha davvero avuto la fortuna dalla sua. Fallo di mano per il rigore che ha spaccato la partita e poi l’infortunio che lo ha costretto a sua volta a lasciare il campo. A quel punto il Titanic biancoceleste è affondato seppellito dai gol della squadra neroazzurra.
Ma questa volta l’orchestrina non ha suonato fino alla fine annunciata, anzi la banda presente allo stadio ha cantato a pieni polmoni tutto il suo amore proprio quando la batosta si era concretizzata in tutto il suo carico pesante. La gente biancoceleste, accorsa in oltre 60mila cuori palpitanti per assistere a un match considerato da scudetto, guidata da un’instancabile Curva Nord, sullo 0-5 ha intonato alto nel cielo stellato della Capitale la canzone che più rappresenta i finali di partita vincenti della Lazio, I giardini di Marzo di Lucio Battisti. Un momento catartico che ha suggellato la forza straordinaria di un popolo che ne ha passate così tante che non può certo avere paura della sconfitta casalinga più pesante della storia. L’orgoglio prima di tutto, il senso di appartenenza per dei colori che vanno oltre il fatto agonistico, sinonimo di un sentimento che prescinde dalla vittoria o dalla sconfitta, ma che rappresenta l’essenza dell’esistenza stessa della gloriosa società fondata nel 1900.
E’ raro vedere una squadra prendere così tanti gol in casa, ma venire comunque incitata e applaudita senza subire neanche un fischio nonostante la pessima prestazione offerta in campo, forse in Inghilterra patria del football, dove si applaudono i propri beniamini appena retrocessi, ma non certo alle nostre latitudini. Bandiere al cielo, sciarpe esposte e vessilli al vento, questo è stato lo spettacolo della gente laziale e poi quel coro da brividi che non finiva mai, lacerato dal dolore di una sconfitta pesantissima, ma innalzato da chi non molla mai, conscio soprattutto di avere una bellissima squadra, giovane, leggera, spensierata che ha fatto innamorare tutti fin dalla prima uscita.
Un momento straordinario, da raccontare davanti al camino tra tanti anni, di padre in figlio, perchè si diventa laziali nella sofferenza, mai nella gioia. “Che anno è, che giorno è, questo è il tempo di vivere con te…” cantavano i laziali, un coro che ha fatto il giro del web e che anche DAZN, l’emittente che ieri ha trasmesso la partita, ha voluto omaggiare sui propri canali social, un coro che i giocatori della Lazio hanno sentito sulla pelle tanto da andare a ringraziare i tifosi a fine partita, stringendo un patto d’acciaio con la propria gente. Un coro che ha destato ammirazione anche negli avversari, appena passati come un tornado sull’Olimpico biancoceleste, che hanno fatto in tempo, anche loro, a rimanere incantati da tanto amore, come ha sottolineato l’attaccante neroazzurro Thuram a fine partita proprio sotto quella meravigliosa curva, nell’orecchio di Bobo Vieri, che quella gente la conosce bene.