Il centrocampista nigeriano Dele-Bashiru ha sbloccato la partita con l’Atalanta: grande prestazione sotto tutti i punti di vista
Un’accelerazione da sprinter, una zampata felina che non ha lasciato scampo. Così Fisayo Dele-Bashiru ha abbattuto il muro dell’Atalanta, scardinando una difesa che, fino a quel momento, aveva resistito agli assalti della Lazio.
Parate decisive di Carnesecchi su Castellanos, un palo clamoroso di Guendouzi a portiere battuto: quando serviva la giocata risolutiva, è arrivato lui. Un destro secco, potente e chirurgico che sembrava poter regalare tre punti d’oro ai biancocelesti. E invece, negli ultimi minuti, Brescianini ha gelato l’Olimpico, trasformando la festa in delusione e lasciando alla Lazio solo un punto.
Nonostante l’amarezza del risultato, la prestazione di Dele-Bashiru – come sottolineato dal Corriere dello Sport – resta una nota lieta. Con Vecino fuori per infortunio e Dia ancora lontano dalla forma migliore, Baroni lo ha scelto per ricoprire un ruolo chiave: raccordo tra centrocampo e trequarti.
Una scommessa vinta, perché il nigeriano ha interpretato il compito con intelligenza, permettendo alla squadra di alternare il 4-3-3 iniziale con un più aggressivo 4-2-3-1 nei momenti di spinta offensiva.
Dele-Bashiru, gran gol all’Atalanta
Il gol è nato proprio da una di queste situazioni: una giocata d’autore di Castellanos, seguita da un assist perfetto di Rovella, e poi lo scatto di Dele-Bashiru.
Bruciante, devastante, ha lasciato sul posto De Roon ed evitato l’intervento disperato di Kolasinac, siglando un gol che incarna al meglio le qualità che Baroni ha sempre esaltato in lui: “Fisicamente e tecnicamente è molto dotato, ma deve crescere tatticamente. La sua energia è fondamentale per noi, interpreta il calcio moderno. Con fiducia e continuità può fare ancora meglio“.
E la crescita è evidente. Dopo la traversa clamorosa contro il Napoli, stavolta il pallone è finito in rete. Quella contro l’Atalanta è la sua quarta marcatura stagionale, dopo i gol a Dinamo Kiev, Bologna e Ajax. Ma non è solo il fiuto del gol a renderlo speciale. In fase di non possesso si distingue per il lavoro oscuro: recuperi continui, fisicità e sacrificio al servizio della squadra.
La vera differenza rispetto al passato è la fiducia che sta maturando in sé stesso e che gli arriva dall’allenatore. Gioca di più, incide di più. E forse, se in quel contropiede sul risultato di 1-0 Dia avesse scelto lui immediatamente invece di perdere tempo, la Lazio avrebbe potuto festeggiare una vittoria pesantissima. Ma il calcio, si sa, vive proprio di questi dettagli.