Le ultime partite della Lazio sono state caratterizzate da troppe assenze che hanno pesantemente condizionato le scelte del tecnico Marco Baroni
La prima parte di stagione ha visto i biancocelesti tra le sorprese assolute. Un gioco mandato a memoria, brillantezza, sfrontatezza e una intercambiabilità che rendeva quasi perfetta, ma soprattutto sorprendentemente continua, la Lazio che l’allenatore toscano metteva in campo partita dopo partita. Quello che negli ultimi anni era visto come un problema, giocare tante partite ravvicinate, una ogni tre giorni, è diventato quasi un punto di forza, dando a tutti i calciatori della rosa biancoceleste la possibilità di mettersi in evidenza e ritagliarsi per intero le proprie chance.
La partita contro il Como di venerdì sera ha rappresentato il momento più complicato nella stagione biancoceleste. Troppe le assenze anche per un allenatore come Baroni, bravo a gestire e coinvolgere l’intera rosa, per non risultare penalizzato. Tra assenti per squalifica e i tanti infortunati o comunque non disponibili, la panchina contro i lariani era composta da soltanto 6 giocatori di movimento, di cui due, fino a una settimana fa, fuori dalla lista del campionato e reintegrati soltanto per l’emergenza del momento.
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La Lazio ha viaggiato veloce nella prima parte di stagione, 35 punti in classifica nel girone d’andata in serie A, 5 vittorie e un pareggio in Europa League e il passaggio del turno di Coppa Italia contro il Napoli di Conte. Un cammino entusiasmante e sorprendente soprattutto tenendo conto dei molteplici impegni a cui la squadra ha dovuto fare fronte. Ben due cicli di 7 partite in 21 giorni, che comunque non hanno portato a cali di rendimento.
Merito indubbiamente di mister Baroni, bravo a coinvolgere l’intera rosa nel progetto, degli stessi calciatori, bravi a farsi trovare pronti ogni volta che venivano chiamati in causa, sia che si trattasse di campionato, EL o Coppa Italia, e dello staff tecnico bravo a prevenire o gestire i piccoli infortuni che giocoforza si presentavano. Il vero tallone d’Achille della Lazio nelle stagioni precedenti, quando si preferiva mentalmente scegliere una manifestazione piuttosto che un’altra.
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Paradossalmente i problemi per il tecnico biancoceleste sono iniziati ad arrivare quando si è cominciato a giocare soltanto una partita a settimana, data la sosta delle coppe europee nel periodo natalizio. Fino a quel momento erano capitati infortuni traumatici fisiologici durante lo svolgimento delle partite, come la caviglia di Dia nel match contro i bulgari del Ludogorets, il problema al ginocchio di Romagnoli a Napoli nello scontro con McTominay, o Noslin colpito durissimo alla caviglia a Lecce. Proprio dopo la partita vinta allo stadio Maradona sono arrivati i problemi, anche se si è cominciato a giocare una volta ogni sette giorni. Vecino fuori già a fine novembre, poi l’infortunio di Pedro, il problema di Noslin, poi l’infortunio di Romagnoli, i più recenti di Patric e l’ultimo in ordine di tempo di Manuel Lazzari, hanno costretto Baroni a ridurre notevolmente la rotazione dei propri giocatori, cosa che ha abbassato, soprattutto nella seconda metà delle partite, l’intensità che la squadra ha sempre messo in ogni gara, vero punto di forza della Lazio fino ad oggi.
Le due partite casalinghe contro Atalanta e Como sono un esempio perfetto di questa mancanza di ricambi soprattutto a partita in corso. Domenica prossima, al Bentegodi di Verona, Baroni dovrebbe recuperare oltre Zaccagni, Castellanos e Gila, tutti squalificati dopo il derby, anche Noslin e Pedro, oramai del tutto guariti dai rispettivi infortuni, mentre non è ancora il tempo per rientrare per Vecino. Anche Patric ne avrà per tutto il mese di gennaio e si dovrà attendere qualche altro giorno per capire l’entità dell’infortunio di Lazzari.