Dal cognome pesante alle tappe bruciate in Germania, da dove arriva il giovane talento che arricchirà la rosa di Baroni
Non è Zlatan, e nemmeno un suo parente. Eppure questa domanda gli è stata posta talmente tante volte da esserne ormai abituato, quasi divertito. D’altronde, con un cognome così e l’essere stato preso dal Bayern Monaco a soli 12 anni, mentre Ibrahimovic (quello vero) si avviava verso il tramonto della sua carriera, il parallelismo è inevitabile.
“No, nessuna parentela“, ha sempre risposto con garbo il giovane Arijon quando qualcuno provava a cercare una connessione con il fuoriclasse svedese. Tuttavia, come riportato nell’edizione odierna del Corriere dello Sport, il paragone non gli dispiace affatto. Anzi, ha sempre ammesso di considerare Zlatan un modello, insieme a Cristiano Ronaldo: “Sono sempre stati loro i miei punti di riferimento. Però no, non sono parente di Zlatan. Gioco anche in attacco e qualche gol lo faccio, ma lui è un po’ più bravo“, sorrideva con innocenza ai tempi in cui entrò nell’accademia prestigiosa del club bavarese.
Arijon aveva tutto per essere notato fin da piccolo. Nato a Norimberga, da genitori di origine kosovara, si distingueva già per un talento fuori dal comune: calciava con precisione, aveva visione di gioco e una naturalezza quasi innata nel trovare la via del gol.
La sua scalata è iniziata nelle giovanili del Greuther Fürth, prima di passare al Norimberga nel 2014, appena nove anni compiuti. Ma il suo destino era altrove: il Bayern Monaco, che lo prelevò e lo inserì subito in un percorso d’élite, accelerando la sua crescita a ritmi impressionanti.
L’esperienza di Ibrahimovic al Bayern Monaco
Promosso nell’Under 17 già a 14 anni, Arijon non ha mai patito il salto di categoria, anzi. Si è messo in luce con numeri importanti: 2 gol e 3 assist in appena 9 partite. Tanto è bastato per attirare l’attenzione della nazionale tedesca Under 16 e, soprattutto, della prima squadra del Bayern.
Era solo un quindicenne quando Nagelsmann lo convocò per allenarsi con i grandi. E non ci mise molto a lasciare il segno: nella sua prima partitella segnò anche un gol. Da allora, ha continuato a evolversi, diventando un jolly offensivo completo, un tuttofare del reparto avanzato: 176 centimetri di rapidità e intelligenza tattica, in grado di giocare ovunque. Da mezzala a centravanti, passando per trequartista, ala e seconda punta.
Con un talento così cristallino, non sorprende che sia stato chiamato in tutte le selezioni giovanili tedesche. Eppure, Arijon non ha mai dimenticato le sue origini kosovare, un legame che lo spinge a tornare spesso nel paese dei suoi genitori. Ancora oggi potrebbe scegliere di rappresentare il Kosovo, ma il richiamo della Germania sembra prevalere.
L’anno scorso ha avuto la sua prima vera occasione per confrontarsi con il calcio dei grandi: la Serie A, dove il Bayern lo ha mandato in prestito al Frosinone. Il debutto è avvenuto in uno scenario suggestivo, l’Olimpico, contro la Roma.
Pronto per l’opportunità Lazio
Un esordio simbolico, quasi il preludio di una parentesi che, nonostante le difficoltà iniziali di adattamento al calcio italiano, si è rivelata positiva: 2 gol in 18 partite, un bottino che non racconta tutto il suo impatto. Al punto che il direttore sportivo dei ciociari, Guido Angelozzi, avrebbe scommesso ancora su di lui, se non fosse arrivata la retrocessione in Serie B.
In quel contesto, il Bayern Monaco ha deciso di richiamarlo alla base, considerando terminata l’esperienza italiana. Quest’estate è tornato a Monaco, dove ha continuato il suo percorso di crescita, pur trovando poco spazio in prima squadra. Nonostante questo, ha già avuto il suo momento da ricordare: il mese scorso, infatti, ha esordito in Champions League contro lo Shakhtar Donetsk.
Non sarà Zlatan, è vero. Ma se il Bayern Monaco – e prima ancora la Lazio – hanno investito così tanto su di lui, significa che Arijon non è solo un nome importante. È un talento da tenere d’occhio.