L’esterno danese resta ancora un talento forse inespresso per le sue potenzialità, ma che al secondo anno alla Lazio è chiamato a mostrare quei progressi mostrati troppo a sprazzi
Era l’edizione 2022-23 dell’Europa League quando la Lazio, allora allenata da Maurizio Sarri, si è trovata come avversaria nella fase a gironi la squadra danese del Midtjylland, che all’andata si tolse anche la soddisfazione di infliggere una sonora sconfitta ai biancocelesti, prima di perdere però la partita di ritorno allo stadio Olimpico. In quella squadra, pressoché sconosciuta, un biondino tutto scatti e velocità, Gustav Isaksen, fece impazzire tutta la retroguardia biancoceleste con due gol, un assist e un rigore procurato.
Sarà stato anche per queste due prestazioni eccezionali del giocatore danese, fatto sta che a giugno Lotito, con una operazione lampo, acquistò l’esterno d’attacco per 12 milioni più bonus. Il primo anno di Gustav non è stato facile tra l’ambientamento nel nostro campionato, la difficoltà con la lingua e la concorrenza di un mostro sacro come Felipe Anderson. Tutti aspettavano così questa seconda stagione per ritornare a vedere quel funambolo sulla fascia destra che quelle due notti ci aveva quasi messo in ridicolo.
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Croce e delizia
La sua capigliatura bionda ha sempre fatto simpatia per via di qualche ricordo di giocatori del passato ma, partita dopo partita, le prestazioni di Isaksen sono state viste sempre con occhio più critico, chi ammira il suo sacrificio anche tattico in campo, visto il compito difensivo che deve avere un esterno d’attacco nel calcio italiano, chi invece lo continua a criticare perchè lo vorrebbe più decisivo sotto porta, più dentro la partita. Baroni ci ha abituato a far ruotare molto la rosa dei giocatori, ma Isaksen ha sempre avuto una titolarità diversa rispetto a Tchaouna, probabilmente perché considerato più pronto dal punto di vista tattico.
Le prime tre giornate di campionato è sempre partito dalla panchina per entrare poi a gara in corso, ma proprio il suo ingresso a inizio secondo tempo contro i rossoneri, in vantaggio sui biancocelesti, ha rappresentato per lui lo scatto in avanti. Una bella prestazione che ha contribuito alla rimonta, vanificata poi nel finale, ma che ha convinto l’allenatore toscano a consegnarli la maglia da titolare almeno per il campionato. 14 presenze dal primo minuto tranne le partite di Monza e con il Bologna e l’Atalanta in casa. Due gol e due assist in questa fase di campionato, oltre ad aver messo lo zampino in almeno altre 3 occasioni in cui la Lazio ha trovato la via della rete.
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Spesso decisivo
Il gol della bandiera a Udine in mischia quasi da rapinatore d’area di rigore e lo strepitoso gol di Napoli con il quale la Lazio ha sbancato lo stadio Maradona. Un arcobaleno dopo uno scatto di 50 metri straordinario. Ma anche l’assist a Torino per il primo gol di Dia, la punizione contro il Cagliari, da cui è scaturito il primo vantaggio sempre a opera del senegalese, guadagnata dopo una travolgente azione personale, e la serpentina nei minuti finali contro il Bologna che ha portato al gol di Dele Bashiru. E poi un paio di salvataggi sulla linea che gli hanno impedito di realizzare gol importanti, quello di Parma su tutti. Insomma, una presenza forse non continua, ma il più delle volte importante nelle giocate sotto porta della squadra biancoceleste.
Così come in Europa League, dove non è mai partito titolare, ma è sempre entrato a partita in corso e su 6 incontri disputati dalla Lazio ha realizzato il gol della sicurezza in Olanda contro il Twente e l’assiti decisivo nei minuti finali per il gol vittoria di Pedro contro i portoghesi del Porto, in una delle vittorie più prestigiose di questa stagione. Qualcuno lo vuole più decisivo, forse più “cattivo” al momento di cercare il gol, altri lo vorrebbero addirittura scambiato sul mercato già a gennaio, forse l’unico ad apprezzarne in pieno le qualità e le sue caratteristiche resta proprio l’allenatore Baroni che continua infatti a considerarlo tra i titolari della squadra.