I fatti, gli episodi e le partite disputate dalla Lazio il 29 gennaio. Sergio Floccari regala ai biancocelesti la finale di Coppa Italia, segnando una rete storica alla Juventus
Una gara destinata a rimanere nella storia: una sfida dalle mille emozioni, che permise alla Lazio di ottenere il passaggio in finale di Coppa Italia. Il 29 gennaio del 2013, i biancocelesti di Vladimir Petkovic eliminarono la Juventus di Antonio Conte nella semifinale della Coppa Nazionale, ottenendo il pass per l’atto conclusivo, che permise alla Lazio di battere la Roma nella finale più sentita della storia del torneo.
Con i bianconeri la sfida fu bella, emozionante e ricca di colpi di scena. Con un finale da brividi e una serie di emozioni incredibili. Che resero ancora più incredibile la vittoria.
Si parte dall’1-1 della gara d’andata: la Lazio ha a sua disposizione due risultati su tre per ottenere la qualificazione in finale.Il primo tempo non è spettacolare, ma i movimenti della Lazio andrebbero fatti studiare a tutti gli amanti della tattica per capire esattamente cosa deve fare una squadra per distruggere il gioco avversario: non concedere spazi e allo stesso tempo non schiacciarsi troppo a protezione della propria metà campo. Nella ripresa lo spartito non sembra cambiare: la Juventus prova, senza non poca fatica, a farsi largo nell’attenta difesa biancoceleste, ma non riesce a sfondare. La Lazio, che nel primo tempo si era fatta notare solo per un tentativo dal limite di Hernanes e con un paio di mischie in area, inizia lentamente a mettere il naso fuori dalla propria metà campo.
All’8’ la svolta: Hernanes porta avanti la palla nella metà campo juventina; non trovando sbocchi in verticale decide di appoggiare alla sua sinistra verso Cristian Ledesma; il numero 24 biancoceleste stoppa di destro e alza gli occhi verso l’area di rigore avversaria: cross delizioso per Gonzàlez, che anticipa nettamente Peluso e di testa batte Storari. L’Olimpico si alza in piedi. La Lazio passa in vantaggio e accorcia le distanze verso il traguardo della finalissima.
La gara si trascina fino al 90’, quando l’arbitro concede sei minuti di recupero. I più intensi della storia di questo torneo. Al secondo minuto, Vidal sfrutta un ingenuità di Radu e pareggia.L’ombra dei supplementari sembra essere dietro l’angolo, ma proprio nell’istante in cui Floccari centra il pallone per riprendere il gioco, dagli spalti si alza un coro fortissimo. Un «Forza Lazio alè… Bisogna vincere» da pelle d’oca, cantato dall’intero Olimpico. Il segnale è chiaro: non si molla di un centimetro. La Lazio si getta all’attacco e guadagna un calcio d’angolo. Siamo al 93’. Mauri mette in mezzo, il pallone viene deviato da Giovinco, che si era posizionato di fronte al capitano laziale per ostacolarne il cross. Ne nasce una traiettoria strana, che si perde a centro area, dove Floccari è in posizione perfetta.
Il movimento del centravanti di Nicotera è armonioso, un terzo tempo perfetto, che gli consente di anticipare Vidal e di spedire la sfera nell’angolino alla sinistra di Storari. Il tempo di capire cosa è accaduto e l’Olimpico impazzisce: Floccari corre sotto la nord, si leva la maglia e la fa ruotare con violenza; Marchetti corre impazzito prima sotto la Tevere e poi verso la Monte Mario; Petkovic si alza di scatto e sembra quasi prendere per il collo il suo vice Manicone. La Lazio torna a vedere davanti a sé il traguardo della finale: al fischio di fine partita mancano solo due minuti.
Basterebbe perdere tempo, mantenere un possesso palla prolungato per far passare velocemente i centoventi secondi che separano la Lazio dalla finalissima. Invece nel rush finale accade di tutto: la squadra indietreggia, spinta nella propria area più dalla paura che dal forcing bianconero. Su una palla in profondità, Giovinco si ritrova inspiegabilmente a tu per tu con Marchetti, ma il tiro scoccato dal piccolo attaccante Juventino viene respinto dal portierone laziale. Neanche il tempo di esultare per lo scampato pericolo, che il pallone finisce esattamente sui piedi di Marchisio, che a meno di cinque metri dalla rete laziale, con il portiere a terra e con la porta spalancata davanti a sé, deve solo insaccare comodamente il più facile dei gol.
Ma il calcio a volte è strano, imprevedibile, ricco di improvvisi e inaspettati colpi di scena. Il tiro di Marchisio (che a rigor di logica, novantanove volte su cento si insaccherebbe in rete) finisce inspiegabilmente sul fondo, come se fosse stato sospinto fuori dai pali da una forza sovrumana. La forza di un intero stadio che sogna una finalissima. L’orgoglio di un popolo che vuole tornare e festeggiare un trofeo dopo tanti anni. L’esultanza di Marchetti pareggia l’espressione incredula e sbigottita di Marchisio, che resta in ginocchio nell’area piccola laziale, cercando di trovare una spiegazione logica a quanto accaduto. Il fischio finale risveglia tutti dal torpore: la Lazio batte la Juve e vola in finale.