Accadde oggi 30 marzo, Tudor batte la Juve all’Olimpico

I fatti, gli episodi e i momenti più importanti della storia biancoceleste vissuti il 30 marzo. Igor Tudor esordisce sulla panchina biancoceleste e sconfigge la Juve. Il ricordo di Bob Lovati

Il 30 marzo è il giorno in cui Igor Tudor esordisce sulla panchina della Lazio. Il tecnico croato, subentrato al dimissionario Maurizio Sarri, affronta e batte alla prima da allenatore biancoceleste la Juventus, la squadra che lo ha lanciato nel grande calcio e che allena attualmente. Un ottimo esordio per il nuovo tecnico laziale, chiamato a dare una sterzata ad un ambiente in grossa difficoltà.

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30 marzo
Accadde oggi 30 marzo, Tudor batte la Juve all’Olimpico – Lalazio.com – La Presse foto

Quando Tudor si siede sulla panchina biancoceleste, la Lazio vive un momento oggettivamente complicato: lo spogliatoio è una polveriera, Sarri ha rassegnato le sue dimissioni e l’ambiente è in fermento. A Formello si respira un’aria da tutti contro tutti, che non agevola certo il nuovo allenatore. Tudor non fa una piega: inizia una serie di colloqui personali con i calciatori e tenta immediatamente di dare una sterzata ad una situazione difficile.

29 marzo 2024, Tudor batte la Juve all’esordio

L’inizio della sua nuova avventura laziale è caratterizzato da tre sfide niente male: nel giro di dieci giorni Tudor affronta due volte la Juve (una in campionato e una nelle semifinali di andata di Coppa Italia) e il derby con la Roma: per la sfida con i bianconeri opta per una formazione sperimentale: la Lazio torna dopo due anni e mezzo a giocare con la difesa a tre, con Kamada (dimenticato da Sarri) che viene responsabilizzato in mezzo al campo. Alle spalle di Castellanos, unica punta, giocano Zaccagni e Pedro, con Felipe Anderson e Marusic sulle fasce.

Marusic Lazio-Juve
29 marzo 2024, Tudor batte la Juve all’esordio – lalazio.com – La Presse foto

Sarà proprio il montenegrino, su assist di Guendouzi, a decidere la partita nel finale con un bel colpo di testa. Tudor inizia alla grande la sua avventura alla Lazio: nelle nove gare di campionato in cui si siederà sulla panchina biancoceleste otterrà cinque vittorie, tre pareggi e una sconfitta, raggiungendo la qualificazione in Europa League.

Addio a Bob Lovati, icona biancoceleste

Provare a raccontare la storia biancoceleste di Bob Lovati non è semplice. Probabilmente si potrebbe iniziare dalla splendida vittoria della Coppa Italia del 1958, o dai successi raggiunti da tecnico alla guida delle squadre giovanili; dallo scudetto vinto come vice allenatore alle spalle di Tommaso Maestrelli, dalle innumerevoli occasioni in cui è stato chiamato a guidare la prima squadra come allenatore, ottenendo salvezze insperate, traguardi eccezionali e posizioni di tutto rispetto; dalle tantissime relazioni scritte quando divenne osservatore dei tecnici biancocelesti; dagli allenamenti ai quali sottopose i portieri che si sono succeduti a difesa dei pali laziali; dalle infinite occasioni in cui rappresentò la Lazio in giro per il mondo come uomo immagine; dalle tante storie che hanno circondato la sua vita privata e che gli hanno garantito a vita il ruolo di latin lover incallito.

Bob Lovati
Addio a Bob Lovati, icona biancoceleste – Lalazio.com –

Bob Lovati è stato tutto questo. E’ ricordato come il simbolo della Lazio, avendola rappresentata per oltre mezzo secolo ed avendone vissuto ogni singolo minuto dall’interno. E’ stato portiere, capitano, uomo squadra, responsabile della formazione De Martino, allenatore della Primavera, vice allenatore e tecnico della prima squadra, dirigente, direttore sportivo, responsabile delle giovanili, consigliere, osservatore, uomo immagine e tanti altri compiti in oltre cinquanta anni di storia biancoceleste. Ha vissuto crisi, retrocessioni, promozioni in serie A, scandali, tradimenti e ritorni eroici. Ha vinto il primo scudetto dalla panchina.

Si scrive Lovati, si legge Lazio

Ha pianto i prematuri addii a Tommaso Maestrelli e a Luciano Re Cecconi, due delle persone alle quali si sentiva più legato; ha contribuito a mantenere in piedi la baracca nell’anno del meno nove; ha vinto lo scudetto del 2000 e ha partecipato con i suoi consigli e le sue relazioni alle vittorie più belle della gestione Cragnotti. I tifosi si sono sempre stretti intorno al suo fisico possente e gli hanno riservato elogi e manifestazioni di affetto.

Lovati
Si scrive Lovati, si legge Lazio – lalazio.com

Da portiere, gioendo con lui per la vittoria in Coppa Italia e nel giorno della sua convocazione in nazionale, da tecnico e da dirigente, accompagnandolo con passione e entusiasmo in ogni suo lavoro. A lui hanno dedicato l’accademy che sorgerà a Formello e che rappresenterà una scuola di formazione per i ragazzi delle giovanili e nel giorno del suo funerale è riuscito a riunire i laziali di ogni età. Per salutarlo si è presentata la Lazio di oggi, quella dello scudetto del 1974, e i rappresentanti delle squadre che negli ultimi 60 anni hanno onorato e difeso i colori biancocelesti. Nello striscione che i tifosi gli hanno dedicato, c’è l’essenza del suo lavoro e della sua dedizione ai colori biancocelesti: “Si scrive Lovati, si legge Lazio”.

Addio a Francesco Mancini, il portiere sfortunato

Francesco Mancini ha contribuito a scrivere alcune tra le pagine più belle e divertenti del nostro calcio, essendo uno dei maggiori artefici di quel miracolo sportivo e calcistico chiamato Zemanlandia. Ha difeso i pali del Foggia per anni, mettendo in mostra tutta la sua straordinaria abilità con i piedi. Oggi ogni portiere è chiamato a toccare tanti palloni, diventando una sorta di regista difensivo; negli anni novanta vedere un estremo difensore giocare con i piedi, era una sorta di anomalia. Mancini fu uno dei primi portieri a mettersi in evidenza, sfruttando queste doti.

Francesco Mancini
Addio a Francesco Mancini, il portiere sfortunato – lalazio.com – La Presse foto

Ha vestito la maglia della Lazio nella stagione 95-96, prelevato (su richiesta di Zeman) per sostituire l’infortunato Luca Marchegiani. La sua esperienza è stata breve e poco fortunata. Ma ha lasciato un buon ricordo tra i tifosi. Una volta appesi i guanti al chiodo, è tornato a lavorare con il tecnico boemo, diventandone l’allenatore dei portieri. Il 30 marzo del 2012, dopo aver diretto l’allenamento dei portieri del Pescara, verrà colto da un malore e morirà, nella sua abitazione, tra lo sgomento generale di tutto il mondo del calcio. A lui è stata intitolata la curva nord dello stadio Zaccaria di Foggia e la gradinata dello stadio di Matera. Con i biancocelesti, ma soprattutto nella vita, avrebbe meritato maggiori fortune.

 

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