I fatti, le partite, gli eventi e i personaggi che si sono messi in evidenza nella storia della Lazio il 12 aprile. Una gara rimasta nella storia e un dramma calcistico
12 aprile, una data che nella storia biancoceleste rievoca ricordi particolari: alcuni positivi (una vittoria nella finale d’andata di Coppa Italia del 2000), altri tremendamente negativi: in questo giorno i biancocelesti hanno collezionato una delle sconfitte più cocenti e pesanti della propria storia recente.
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Partiamo dai ricordi positivi: il 12 aprile del 2000, poco più di un mese prima del successo in campionato, gli uomini di Sven Goran Eriksson si impongono nella finale d’andata (il regolamento prevedeva una doppia sfida) di Coppa Italia contro l’Inter. E’ il giorno dei gol di Pavel Nedved e Diego Pablo Simeone (che realizza il gol decisivo contro la sua ex squadra) e dell’infortunio di Ronaldo.
12 aprile 2000, trionfo Lazio, nel dramma Ronaldo
Il 12 aprile del 2000 allo stadio Olimpico di Roma, Lazio e Inter si giocano la finale d’andata di Coppa Italia. Una sfida che per le due squadre viene vista in modo diametralmente opposto. Mentre in un eventuale ordine preferenziale la Lazio piazzerebbe la Coppa Italia all’ultimo posto – essendo ancora pienamente in corsa in campionato e in Champions League –, per l’Inter la Coppa rappresenta l’ultima ancora di salvezza per non gettare alle ortiche la stagione. «C’è solo un aggettivo per spiegare questa partita: fondamentale», dichiara capitan Zanetti alla vigilia.

Partita con il ruolo di anti-Juve, soprattutto dopo gli acquisti estivi di Christian Vieri e Luigi Di Biagio, la formazione neroazzurra si è lentamente persa in campionato e in Europa. Anche a causa del lungo stop al quale è stato costretto il brasiliano Ronaldo. Il “fenomeno” si era gravemente infortunato il 21 novembre nella sfida casalinga contro il Lecce. Quel giorno, dopo aver segnato il quinto gol su rigore, si era accasciato improvvisamente al suolo urlando di dolore. La diagnosi era stata drastica: frattura del tendine rotuleo del ginocchio destro. Cinque lunghi mesi di assenza fatti di fisioterapia, duri esercizi per recuperare e allenamenti solitari. Il 12 aprile Marcello Lippi torna a convocarlo. Il brasiliano è in panchina ed è pronto a tornare in campo proprio contro la Lazio. Il suo ingresso avverrà al 14’ del secondo tempo, in sostituzione del romeno Mutu.
Shock Ronaldo: brutto infortunio
Dopo quattro minuti il brasiliano torna ad assaggiare i tacchetti dei difensori avversari, colpito duro da Fernando Couto. Si rialza prontamente ed è lui stesso a battere la punizione. Ha voglia di tornare a giocare. Di mettersi subito in evidenza. Si prende addirittura un rimprovero dall’arbitro per aver battuto velocemente la punizione, impedendogli di ammonire il laziale. Ma un minuto più tardi sullo stadio Olimpico piomba il gelo. Ronaldo chiama palla a Zamorano e punta dritto verso l’area laziale. Davanti a sé ha due difensori biancocelesti e prova a saltarli con il suo famoso gioco di gambe; neanche il tempo di provare il dribbling che crolla impietosamente a terra, urlando di dolore.

Tutti hanno l’immediata percezione di quanto sia successo: il brasiliano si contorce a terra tenendosi il ginocchio: Lippi in panchina appare disperato, mentre in campo Diego Simeone, fino alla stagione precedente suo compagno di squadra, inizia a piangere come un bambino. Il ginocchio di Ronaldo ha fatto crack. Proprio nel giorno in cui si sarebbe dovuto festeggiare il suo ritorno in campo. «È stato bruttissimo», dichiarerà il centrocampista laziale, «abbiamo subito capito che era successo qualcosa di grave. Il rumore del ginocchio rotto si è subito sentito. Da quel momento in poi la partita non è stata più la stessa». Le squadre andranno negli spogliatoi con il risultato che era maturato sul campo fino a quel momento: 2-1 per la Lazio (gol di Nedved e Simeone). I biancocelesti, avanti di un gol e in superiorità numerica (Lippi aveva già effettuato le tre sostituzioni) erano quasi bloccati psicologicamente dal dramma vissuto dal brasiliano.
Dramma Salisburgo
Da un dramma umano ad uno sportivo: il 12 aprile del 2018, la Lazio di SImone Inzaghi vive la sua notte più cupa. Nel ritorno dei quarti di finale di Europa League, i biancocelesti sono capaci di rovinare, a causa di sei minuti in cui hanno letteralmente perso la testa, tutto il cammino eccezionale che li aveva caratterizzati fino ad allora. La Lazio si era imposta all’Olimpico per 4-2 e ad inizio ripresa, sul campo degli austriaci, era andata a segno con Ciro Immobile.

La qualificazione alle semifinali sembrava cosa fatta, ma nel giro di pochi minuti il Salisburgo rovescia tutto. Hauder segna al 56′ un minuto dopo la rete di Immobile, ma il dramma sportivo si consuma tra il 72′ e il 76′: in quattro minuti i biancocelesti subiscono tre gol; che aprono al Salisburgo le porte della semifinale. Una conclusione inaspettata ed amara di un cammino fino a quel momento eccezionale.