I fatti, le gare, i momenti più significativi vissuti dalla Lazio il 29 aprile nella sua storia. Giorno in cui i biancocelesti di Sven Goran Eriksson vincono la prima Coppa Italia dell’era Cragnotti
Una giornata segnata con il circoletto rosso sul calendario. Il 29 aprile del 1998 la Lazio torna ad aprire la propria bacheca, alzando al cielo la Coppa Italia. I biancocelesti sconfiggono allo stadio Olimpico il Milan di Fabio Capello, ribaltando l’1-0 maturato nella gara d’andata. E’ una notte storica, indimenticabile per tutto il popolo biancoceleste, che torna a festeggiare un successo dopo ventiquattro anni dallo scudetto firmato da Maestrelli e dopo quarant’anni esatti dalla prima vittoria nella competizione. Firmata da Prini.

E’ una notte storica per migliaia e migliaia di tifosi: più di un’intera generazione di laziali non aveva mai alzato al cielo un trofeo. Ed è il primo successo firmato da Sergio Cragnotti. Il patron biancoceleste era salito al timone del club a marzo del 1992 e dopo più di sei anni trova la prima, emozionante vittoria. Che spalancherà le porte ad una serie di successi che arriveranno in sequenza. A seguito della vittoria in Coppa Italia, la Lazio porterà a casa anche la Supercoppa italiana (sconfiggendo a Torino la Juventus) e la Coppe delle Coppe. Che regalerà ai biancocelesti anche un’altra finale: al Parco dei Principi Salas e compagni affronteranno e sconfiggeranno il Manchester United di Sir Alex Fergusson nella finale della Supercoppa Europea.
29 Aprile 1998, la finale di ritorno: Albertini gela l’Olimpico
Si parte dall’1-0 della gara d’andata, maturato in extremis, grazie ad un gol di Weah. Gli uomini di Eriksson attaccano a testa bassa, ma non sfondano. Ci provano Nedved, Casiraghi e Jugovic, ma senza trovare il bersaglio grosso. Le squadre vanno negli spogliatoi sullo 0-0. Dopo due minuti della ripresa arriva la doccia fredda. Treossi comanda un calcio di punizione per i rossoneri dal limite dell’area: Albertini calcia di potenza, la palla viene deviata da Nedved in barriera e si insacca alle spalle di Marchegiani. Lazio-Milan 0-1. La formazione biancoceleste deve segnare tre gol per poter rimontare lo svantaggio e vincere la Coppa Italia. Sull’Olimpico scende inesorabile lo sconforto.

La squadra reagisce immediatamente. Sven-Göran Eriksson si gioca la carta della disperazione. Al posto di Grandoni schiera in campo Guerino Gottardi. L’italo-svizzero è reduce da una stagione trionfale. Partito come riserva delle riserve, è diventato ben presto decisivo nello scacchiere tattico di Eriksson ricoprendo più ruoli: terzino, esterno di centrocampo e, in alcune occasioni, attaccante aggiunto. Al 10’ Fuser lancia un pallone nell’area di rigore del Milan. Mancini (in ombra fino a quel momento) aggancia in maniera eccelsa la sfera e la serve sulla destra, dove arriva di gran carriera Gottardi: il tiro è sporco, ma efficace e passa sotto la pancia di Sebastiano Rossi. Lazio-Milan 1-1. Mancano 35’ alla fine del match e la Lazio deve segnare ancora due reti.
Una rimonta epica: i tre gol con cui la Lazio ribalta il Milan
L’Olimpico si rianima. Crede nell’impresa, continua a cantare ancor più forte. Lo stadio sembra sul punto di esplodere quando, tre minuti più tardi, Mancini lancia Gottardi nell’area rossonera: il centrocampista colpisce la palla di petto anticipando l’intervento di Maldini, che in ritardo lo stende. Treossi non ha dubbi: rigore. Sulla palla va Vladimir Jugovic, il cecchino infallibile. L’Olimpico trattiene il respiro. Il cinquanta per cento dei tifosi chiude gli occhi. Si rifiuta di guardare. Preferisce rimanere nel limbo ancora un po’. Poi l’urlo, disumano, fragoroso, entusiasmante. Jugovic spiazza Rossi e porta la Lazio sul 2-1. La Lazio è un fiume in piena. Gli attacchi arrivano da ogni zona del campo. I protagonisti principali sono due: Mancini (due assist decisivi) e Gottardi. L’italo-svizzero crea ancora scompiglio; al 17’ si beve due avversari e serve Casiraghi: sembra fatta, ma la palla sbatte sul palo.

Tre minuti più tardi è l’apoteosi: Fuser batte un calcio d’angolo dalla bandierina che divide la nord dalla tribuna Monte Mario. Dopo un rimpallo, il pallone finisce sui piedi di Negro, che calcia a colpo sicuro; sembra gol, ma Sebastiano Rossi si lancia sulla destra e compie il miracolo. La palla, quasi fosse colpita da un incantesimo che le impone i movimenti, resta incollata al centro dell’area a pochi centimetri da Alessandro Nesta. Sì, proprio lui, l’aquilotto proveniente dalle giovanili, il più laziale di tutti; il giocatore che più di ogni altro percepisce l’attesa dei tifosi, perché tante volte in passato si è trovato al loro posto, aspettando che un suo idolo mettesse il pallone in rete per dare sfogo alla gioia. Nesta si getta in scivolata, colpisce la sfera e la indirizza alle spalle di Rossi. Gol. È vero. È tutto vero. La Lazio ha realizzato la rimonta e lo ha fatto con il suo giocatore più rappresentativo.
La Lazio ha vinto. È tornata a trionfare. Il pubblico impazzisce, Cragnotti scende in campo e viene alzato in cielo dai giocatori festanti. Anche Zoff lascia per un attimo da parte il suo stile e regala sorrisi ed entusiasmo. Gli unici che decidono di non partecipare alla festa sono gli operatori Mediaset che stranamente (chissà cosa sarebbe successo se fosse stato il Milan a vincere) preferiscono snobbare la premiazione e mandano in onda più di dieci minuti di pubblicità! Ma non è tempo di polemiche. L’unico sentimento che vige tra i tifosi è la gioia. Gioia nel vedere Fuser alzare la Coppa, gioia nel provare emozioni dimenticate o mai vissute, gioia nel sentirsi finalmente invidiati dall’Italia calcistica. Gioia nel sentirsi padroni di Roma e unici trionfatori nella città.